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mercoledì 12 novembre 2014

Assoluzioni a gogò. Dopo Ruby, Cucchi, la Commissione grandi rischi all'Aquila, tocca a Iovine e Bidognetti...

Ricordate #enricostaisereno? Oggi si potrebbe cambiare in #silviostaisereno, perché la convinzione che si voti a primavera del 2015 si fa ogni giorno più solida e documentata. Da cosa? Dal fatto che Matteo e i suoi ripetono continuamente, fino allo sfinimento, che si voterà nel 2018. Detto ciò, una celia come tante, dobbiamo dire di essere rimasti particolarmente colpiti da una frase detta ieri sera a Ballarò da Roberto Saviano. Alla domanda di Giannini: "Tornerai a vivere in America?", Saviano ha risposto: "Tu vivresti in un paese che assolve Iovine e Bidognetti?" I soggetti testé citati, sono due emeriti assassini certificati dalle sentenze di condanna al 41 bis. Gente che di sparare in faccia ai concorrenti e agli inquirenti non si è mai fatta scrupolo. Uno si è perfino pentito e oggi gode di tutti i privilegi di cui usufruiscono i collaboratori di giustizia. Processo strano, quello contro i boss che avevano minacciato pubblicamente di morte Roberto Saviano e Rosaria Capacchione. Strano perché è stato condannato solo Michele Santonastaso, l'avvocato che in aula aveva letto il biglietto d'amore profondo di Iovine e Bidognetti ai due giornalisti. In poche parole, a pagare è stato un lettore e non l'autore materiale della minaccia, come se tutti i lettori di Fabio Volo o Luciana Littizzetto dovessero essere etichettati di idiozia mentre gli autori resterebbero i fighi che sono. E allora è comprensibile che Saviano se ne vada a vivere in America. Anzi, di più, perché se come lui potessimo farlo, prenderemmo il primo aereo utile. New York in questo periodo è stupenda.

mercoledì 8 ottobre 2014

“Colores”. Mostra personale dell'artista marchigiano Vittorio Amadio alla Camera di Commercio di Chieti – 7/20 ottobre 2014

A 15 anni dalla grande esposizione di “benvenuto al Terzo Millennio”, realizzata in Spagna, a Barcellona, nel dicembre del 1999, Vittorio Amadio intende ricordare e celebrare un momento che lo vide, unico artista italiano, esporre le sue opere insieme con quelle di Josep Maria Subirachs e di Pablo Picasso.
La mostra di Barcellona (alla quale fece seguito una “personale” nei locali del Camp Nou, il mitico stadio della squadra di calcio), consacrò il pittore-scultore-incisore di Castel di Lama (Ascoli Piceno) a livello mondiale e decine furono le mostre organizzate in Europa e negli Stati Uniti. Per assurdo però, come accade agli artisti mai soddisfatti di se stessi e del mondo intorno, Vittorio Amadio decise di sospendere l'attività espositiva, di ridiscutere il suo essere artista concedendosi un lungo periodo di studio e di approfondimento che lo ha portato a riformulare il rapporto con le tele, le carte, il legno, le pietre e ogni altro materiale utile a dare sfogo alla sua incontenibile voglia d'arte. Vittorio Amadio ha appena compiuto 80 anni, e all'alba della terza giovinezza ha voluto fortemente fare la sintesi di dieci anni di studio su se stesso, sul mondo e sull'arte realizzando la personale che la Camera di Commercio di Chieti (ente patrocinatore della mostra) ospiterà nei locali della Expo Room e della Bottega d'Arte da 7 al 20 ottobre p.v. Quello dell'artista marchigiano vuole essere un viaggio all'interno del suo modo di concepire l'arte fatto di gesti velocissimi, di impatti violenti sulla tela, di nessun leziosismo gratuito, di una totale e irrefrenabile libertà che non comprende paletti né etici né estetici. Il catalogo della mostra (curato dal giornalista-scrittore Massimo Consorti – autore tra l'altro della biografia di Carlo Delle Piane), è la “guida” per seguire al meglio una mostra divisa in gruppi di opere che vanno a comporre un universo pittorico da vivere e guardare con lentezza.
La presentazione della mostra, che ricordiamo è organizzata in collaborazione con la Onlus “Camminando Insieme” di Chieti, si terrà sabato 11 ottobre, alle ore 17.00, presso la Sala Cascella della Camera di Commercio, mentre il “vernissage”, (inaugurazione ufficiale della mostra alla Expo Room e alla Bottega d'Arte) sarà alle ore 18.00. Nel corso del vernissage, è prevista l'esibizione del giovanissimo violoncellista Emanuele Di Luzio (alunno dell'Istituto Comprensivo n. 4, “R. Ortiz” di Chieti Scalo) e un buffet offerto dall'organizzazione della mostra con degustazione del vino delle Cantine Minnucci di Chieti.

Orari e giorni di apertura

  • martedì 7 ottobre, ore 17.30: apertura della mostra alla presenza dell'artista.
  • sabato 11 ottobre, ore 17.00: Sala Cascella, presentazione della mostra
ore 18.00: Expo Room-Bottega d'Arte, vernissage

La mostra sarà visitabile tutti i giorni

Mattina: ore 10.30/12.30
Pomeriggio: ore 16.30/20.00

Aperto il bookshop nelle stesse ore della mostra

giovedì 2 ottobre 2014

Lehrer Merkel

Eccola la nostra maestra della prima elementare. La signora Elia puniva, ma con dolcezza. E poi era bella nel suo grembiulone nero che sapeva di lavanda. Quando si sporcava un po' di gessetto, con un tocco lieve di due dita spazzolava via la polvere. E tornava la nostra maestra di sempre, quella della prima, innocentissima cotta infantile. Invece ecco la “lehrer” tedesca, la maestra che nessuno vorrebbe mai perché a distanza di anni procurerebbe incubi da notte di tregenda. Si chiama Angela e qualcuno sarebbe tentato di supporre che in qualsiasi momento due ali argentate potrebbero spuntarle e arricchirle le spalle leggermente curve. Al contrario della maestra Elia, lehrer Merkel non punisce con dolcezza ma con il frustino del nostro maestro di quarta, pirla manco a dirlo e violento come Chen. E poi è un'incontinente. Fa cazziate da coattona a Jospin (che è sfigato di suo) e gli ricorda con piglio teutonico che “bisogna fare i compiti”. La maestra Elia, se non facevamo i compiti ci diceva “li correggerò domani”. Lehrer Merkel non intende aspettare il 2017, per cui i compiti occorre farli subito altrimenti... tottò sul culetto. Lei, che non profuma di lavanda ma di Paulaner, prende il telefono e senza averne alcun ruolo, ricorda a Putin che deve mantenere i patti, che è poi come fare i compiti. Non soddisfatta, telefona a Obama per dirgli che non deve più intercettare le sue telefonate altrimenti dichiarerà guerra commerciale agli USA. Angela è una e trina. Sbuca dappertutto come fosse una santa invasata affetta da bilocazione ossessiva. L'Europa è casa sua e se qualcuno prova a ricordarle che non è così, arrivano i giannizzeri del rigore a ricordarlo urbi et orbi. Questa Europa non ci piace, ma dirlo o scriverlo, non serve a niente.

sabato 27 settembre 2014

Francesca e Silvio: la coppia più trasgressiva che c'è. E Tosi fa abbattere i lupi beccandosi una denuncia

La notizia è ghiotta. Mentre l'Italia affonda inesorabilmente vittima della autoreferenzialità di sognatori paraculi, zozzoni matricolati e condannati che si rifiutano di sottostare alle leggi sulle quali hanno spergiurato, Francesca Pascale ci fa sapere che lei e Silvio sono la coppia più trasgressiva che c'è. E sticazz! Direbbe il mio amico Paperoga... Ma si sa, il mondo è fatto a scale, c'è chi le scende (i giovani, le donne, i disoccupati, i co.co.co, le partite Iva farlocche, i cassintegrati, i clochard, le coppie che vogliono figli e devono pagare, quelli che i figli ce l'hanno ma li ammazzano, i preti e i vescovi pedofili con un harddisk da far impallidire Hugh Hefner) e chi le sale (tutti gli altri). Siccome non ci sarà mai una giustizia divina e quella terrena, come dire, latita, ci accontentiamo della denuncia che il Corpo Forestale dello Stato ha inoltrato contro il pistolero sindaco di Verona (presidente della Federcaccia veneta) Flavio Tosi che ha “autorizzato l'abbattimento di una specie protetta”. O' Sparatore, con una ordinanza emanata due giorni fa, ha infatti dato il permesso ai suoi colleghi con la sindrome del pene corto, di uccidere i dieci lupi (due esemplari adulti e otto cuccioli) che si trovano dalle sue parti. La motivazione è che i lupi sono pericolosi per gli uomini e le donne che popolano il suo comune. È l'Italia che va, bellezza, e non tornerà mai il sereno.

mercoledì 10 settembre 2014

Non ci resta che qualche speranza. Sempre meglio che morire berlusconiani

Uno dice a se stesso che un po' si è stancato. Che anni passati a scrivere di politica contro qualcuno (tanti) e mai a favore (ne vedete almeno uno in giro per il quale scrivere positività?), sono serviti a nulla se non ad avere riscontri di quanto scritto, messi nero su bianco o mostrati in tv senza ritegno. Abbiamo buttato fiumi di parole (controllate su questo blog, non è la fisica dei quanti) sugli scempi che il duo delle meraviglie Silvio-Guido, stava compiendo all'Aquila. Per questi scritti abbiamo perfino litigato con qualche amico di quelle parti che credeva nei poteri taumaturgici del Berlusconi al 68 per cento di popolarità. Silvio-premier non aveva fatto altro che regalare una dentiera e promettere le new town, ma quel casco arancione in testa che lo faceva sembrare tanto operaio di fonderia, aveva raggiunto il suo scopo. A cinque anni di distanza, le new town, le case del futuro, quelle che avrebbero cambiato l'edilizia residenziale in Italia, stanno crollando come le vecchie costruzioni di legno con le quali giocavamo da bambini, il Lego no, grazie agli incastri è duro da buttare giù. Le new town sono costate allo Stato qualcosa come 2700 euro al metro quadrato, roba che neppure ci fosse la Senna a portata di sguardo. Il berlusconismo all'Aquila (e in Italia) sta crollando così, senza rancor, perché nessuno, tanto meno il Silvio di questi tempi, pagherà mai pegno per gli scempi. Poi tornano, come incubi seriali, i 101 zozzoni del PD e non contenti di quello che hanno combinato in questi venti anni, tornano a pretendere posti al sole, ruoli nella segreteria del partito, presidenze di commissioni e di consigli di amministrazione, poltrone nel CSM (Luciano Violante, quello della pacificazione nazionale a suon di berlusconite) e ministeri esteri. Urla pure “Fassina chi?”, dando la dimostrazione che il senso del ridicolo non lo ha neppure sfiorato né lo sfiorerà mai. Urlano i giudici che dopo due mesi di vacanza devono fare i conti con chi gli dice chiaro e tondo che l'epoca dei privilegi è finita e che oltre 2 milioni di processi civili pendenti hanno l'urgenza di essere smaltiti e non dimenticati. L'incertezza dei procedimenti in sede civile e penale è una delle ragioni per le quali in Italia non si investe. Togliere trenta giorni di ferie a chi è strapagato crediamo non sia una pretesa assurda ma un dovere civile. Poi, ancora. I rematori contro per professione e quelli che invocano salvaguardie per mantenere rendite di posizione anacronistiche per non dire antistoriche. Sono quasi tutti professori, magari baroni, i peggiori, i pensatori nullafacenti. Poi, infine, ci sono gli allarmisti nati, quelli che se sentono uno starnuto per strada scrivono e urlano che è arrivata l'aviaria. Ora se la sono presa con la tubercolosi che ha fatto il paio con i microchip, le sirene, gli alieni, la luna mai violata, le sirene, i troll e i puffi che si nascondono dovunque, soprattutto nell'aula di Montecitorio. Nonostante calendari traballanti, scadenze rinviate, qualche chiacchiera di troppo e una manciata di sogni sparsi sulla verde prateria del cielo, c'è invece qualcuno che ci sta provando. La speranza è che Renzi non arrivi mai a dire, come ha fatto (giustamente) Fausto Bertinotti: “Cari compagni non ho capito una mazza”. Glielo avevamo scritto in tutte le salse, finalmente lo ha capito, potenza della senilità.

mercoledì 27 agosto 2014

Italiani in tempi di crisi. Non è macumba, solo cialtroneria

Ultimamente abbiamo aggiornato poco il blog. Chi ci segue da tempo se n'è accorto e ce lo ha scritto, agli altri può fregare di meno, tanto, con l'informazione che abbiamo in Italia, una voce libera in più o in meno non fa nessuna differenza. Questo apparente distacco dalle cose della politica non è dovuto al fatto che non ci fossero notizie, anzi. Il problema è che più passavano i giorni più ci rendevamo conto che questa crisi, iniziata nel 2008 e deflagrata nel 2011, ha messo in evidenza tutte le vergogne di questo paese, che non sono poche e difficilmente riscontrabili in altri periodi storici. Ancora peggio che nell'era Berlusconi, la politica, questa politica, è diventata uno spottometro, con voti e gradimenti che si misurano ormai sulle dichiarazioni buone per un giorno invece che su progetti a lungo termine. Fra promesse reiterate e poco mantenute e povertà arrivata al 28 per cento, l'Italia sembra essere in mano ai venditori di elisir di lunga vita o a quei falsi medici che nel vecchio West vendevano acqua spacciandola per il rimedio da ogni male. Siamo pieni di cazzari, la nostra politica è in mano ai cazzari, prendiamone atto e cerchiamo di andare avanti tenendo in considerazione che non si vedono all'orizzonte né statisti né economisti né legislatori di peso ma venditori di illusioni, false speranze e sogni a poco prezzo. Di grandi rivoluzioni manco l'ombra, neppure da parte di chi le annuncia ogni giorno e poi se ne va in ferie come tutti i ricchi di questo mondo ripresentandosi puntualmente alla riprese delle attività agonistiche. Perché la politica, per molti, è una partita a scacchi nella quale la gente gioca il ruolo delle pedine da muovere a piacimento a difesa del re e della regina, le torri e i cavalli possono andare affanculo. Questa lunghissima crisi ha inoltre messo in evidenza lo spessore degli italiani diventati violenti, volgari, ignoranti, pressappochisti, analfabeti funzionali, qualunquisti, intolleranti, xenofobi, banali, mediocri e perfino un poco osceni; fatevi un tour sui social network e ve ne renderete conto. Soprattutto Facebook è diventato lo specchio di una nazione in cui spiccano profili di dubbia provenienza ma di grande autoreferenzialità. Sono diventati tutti poeti, scrittori, saggisti, saggi e basta, architetti, ingegneri, avvocati, dentisti e grand figl d putt, come direbbe il ragionier Ugo Fantozzi. Ci specchiamo nelle nostre piccole/grandi attività cercando di acquisire quel quarto d'ora di celebrità in grado di traghettarci per brevissimo tempo fuori da un anonimato diventato una ossessione. Arriviamo al punto che consapevoli di essere ripresi da uno smartphone vagante, abbiamo iniziato a scopare dappertutto, se potessimo perfino sulle guglie del Duomo di Milano. E la reazione di chi viene beccato, lontana da qualsiasi pudore (o vergogna a seconda delle situazioni), non è quella di chi dice “Porca puttana sono stato beccato”, ma “quello sono io, visto che fregno?” Insomma, per farla breve e concludere, siamo diventati tutti Calderoli al quale ultimamente sono accaduti fatti incresciosi (ma umani) e lui ha pensato bene di incolpare il padre della Kyenge per una presunta macumba ai suoi danni. La sfiga non esiste, caro senatore, e soprattutto si ricordi di buttare la buccia di banane nel cestino della spazzatura invece che per terra. Almeno non correrebbe il rischio di scivolare e di rompersi un braccio.

lunedì 25 agosto 2014

Calderoli e le banane: ma che... belle guaglione!

Sono 22 anni che lo paghiamo. Deputato dal 1992 al 2001 e senatore dal 2001 a oggi, Roberto Calderoli ha dimostrato con il passare del tempo di essere uno dei politici più dannosi che la storia repubblicana ricordi. Estensore della legge elettorale chiamata sobriamente “porcellum”, è diventato famoso per l'uso del lanciafiamme che gli prestò il collega ministro della difesa dell'epoca Ignazio La Russa, detto “Gnazio”. Lo scopo dello strumento bellico fu di bruciare, il 24 marzo 2010, in un sol colpo 375 mila leggi inutili perché il Calderoli ministro della semplificazione, invece di abrogarle le leggi le bruciò. Purtroppo però restarono tutte e si dice che nei faldoni andati in fumo, ci fossero solo i discorsi di Bossi in “patanese”. Ma il Calderoli, è anche il politico che invocò un Papa padano. Lui che si è sposato con il rito celtico, mal digerì perfino l'elezione di Papa Ratzinger, tedesco di Germania, che ebbe la malaugurata idea di chiamarsi Benedetto XVI invece di Krautus I, come pretendeva lo statista dei legaioli. E mica finisce qui. Il 15 febbraio 2006, intervistato dal TG1, Calderoli mostrò una maglietta con impressa l'immagine di Maometto che, in presenza di Budda e Jahvè, veniva rimproverato dal Dio cristiano. Apriti cielo, ripresa da tutte le televisioni del mondo la maglietta di Calderoli divenne il pretesto per l'attacco al Consolato italiano di Bengasi: robetta da nulla, la polizia sparò sulla folla uccidendo 11 persone. Poi è arrivata la Kyenge e il Calderoli si è scatenato in casa, facendo diventare la banana che stringe sempre in mano il simbolo del suo disaccordo sulla tolleranza e sulla integrazione razziale. Ora la adopera come compensatrice delle sudate estive. Il potassio, si sa, ripristina parte dei sali minerali persi dopo una abbondante sudorazione, ma ci sembra di aver letto da qualche parte che per il cervello occorre il magnesio, elemento chimico assente nella composizione organica del senatore-statista-riformatore, “cazzaro” per dirla alla Travaglio, unico e inarrivabile.

sabato 23 agosto 2014

Boston 23 agosto 1927. Sacco e Vanzetti


Dedicato a tutti quelli che amano la libertà oltre la vita, non seppelliscono bambini vivi, non sgozzano i giornalisti, non stuprano le donne...
Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, 
un inno contro le falsità ipocrite e razziste.

martedì 5 agosto 2014

Saltano i prepensionamenti. I frenatori dell'Italia si' bella e perduta

Li hanno chiamati in tutti i modi: burocrati, grand commis, boiardi, gabellieri ma il loro compito, fondamentalmente, è quello di frenatori della vita della Repubblica Italiana. Figli come siamo della burocrazia fascista, questo paese si trova impigliato in una giungla di leggi, leggine, ordinanze e regolamenti che farebbero impazzire chiunque. Chi ne esce alla grande sono loro, i “ragionieri” dello Stato, quelli che nella selva oscura della legislazione italiana, vanno avanti come gatti grazie alla luminescenza degli occhi. Questa Pubblica Amministrazione è irriformabile semplicemente perché è figlia di se stessa. Non ha né padri né madri ma solo il vezzo, immoto nel tempo, di ripetere ad libitum la frase stampata a caratteri cubitali alle spalle delle loro scrivanie: “I politici passano noi no”. E lo sanno tutti coloro che hanno provato a far rientrare i boiardi nella normalità della governance. Perfino Berlusconi, che era partito con l'intenzione di riformare l'amministrazione dello Stato avendo a disposizione numeri parlamentari da fantascienza, alla fine ha dovuto soccombere di fronte al muro di gomma di una burocrazia che non lascia spazio a nessuno. Badate bene, è una diceria che per i boiardi due più due fa quattro. A seconda di chi si trovano di fronte potrebbe anche riportare tre, o due e tre quarti, o quattro meno meno. La loro forza sta proprio nell'abilità mostruosa che hanno di districarsi nelle migliaia di leggi che regolano la vita di un italiano medio, perché per quelli superiori alla media è possibile tutto, ad esempio non farsi notificare le cartelle di pagamento dall'Agenzia delle Entrate. Pensate un po', ci sta sbattendo ferocemente (roba da qualche decina di punti di sutura in faccia), anche Matteo Renzi il quale, animato dalla voglia giovanile di svecchiare la classe dirigente di questo paese, si è visto costretto a ritirare provvedimenti che il suo stesso governo aveva varato. Così quattromila insegnanti pensionandi resteranno al loro posto di lavoro, e decine di medici e professori universitari continueranno a baroneggiare. L'Italia è da rifondare. Lo diciamo da tempo immemorabile. Ma poi, se anche un FiveStars va a fare il sindaco ed è costretto ad accendere l'inceneritore che avrebbe voluto distruggere, una domanda dovremmo porcela: come può la politica riformare la pubblica amministrazione se non riesce a riformare se stessa? 

domenica 3 agosto 2014

Il patto segreto fra Matteo e Silvio contro Prodi. Questione di pelo sullo stomaco

Povero Professore, la sua non è stata una vita (politica) facile. Lo hanno trombato tutti, a destra e a sinistra, ma lui fermo lì, sui binari della stazione di Bologna, in attesa del treno per Roma. Forse è questa la ragione per la quale il Professore ci è sempre stato simpatico, ma simpatico veramente. A scorrere l'elenco dei suoi nemici ci accorgiamo che non c'è neppure un nostro amico anzi. Ci sono i politici peggiori di questo ventennio di autentiche oscenità, umane e legislative. Elencarli tutti sarebbe impossibile e non potremmo mai farlo nello spazio di un post. Però così, a volo d'uccello, e senza spendere sei milioni di euro per una zompatina, ne segnaliamo qualcuno alla vostra attenzione. Da sinistra: Bertinotti, Vendola, D'Alema, Veltroni. Dal centro: Cossiga, Marini, Dini, Mastella. Dalla chiesa: Ruini, Bertone e qualcuno sussurra anche il Capo. Da destra: tutti (Lega compresa) a partire da Berlusconi e giù, via via, fino a Gasparri. Non si sa per quale motivo il Professore, detto anche Mortadella, ha fatto e fa paura a tanti. Forse il mistero sta nell'unico faccia a faccia televisivo fra Prodi e Berlusconi, quando il candidato dell'Ulivo disse al suo avversario: "La differenza fra me e lei è che lei ha un fratello e tre televisioni, io ho tre fratelli e posseggo solo una radio". La novità di questi giorni è che nell'incontro di mercoledì prossimo fra Renzi e Berlusconi, l'ex Cavaliere porrà il veto assoluto sulla elezione di Prodi alla Presidenza della Repubblica e che Matteo, molto volentieri, lo accontenterà. Il che ci pone nella scomoda posizione di rivedere la composizione dei 101 zozzoni. Iniziare la carriera con due tradimenti non è bello. No, non è affatto bello. Che sfiga avere ancora un po' di pelo sullo stomaco.

mercoledì 30 luglio 2014

Chiude l'Unità, ma... brindano gli sciacalli e i malpancisti

Da brivido la battuta di Matteo Renzi: “Se l'Unità fosse stata del PD non avrebbe chiuso”. Anzi, Matteo ha detto sottilmente “nelle disponibilità” del PD, che è anche peggio. Dopo 90 anni chiude il giornale fondato da Antonio Gramsci. Non si sentono squilli di tromba né appelli accorati. Diciamo che l'Unità chiude in silenzio incapace di urlare, vizio che, purtroppo, ha perso da tempo. Chiude la testata storica di una sinistra che per sua colpa, sua grandissima colpa, non è riuscita a governare un paese che pure era nelle sue “disponibilità”. Vecchia, stanca, legata ai privilegi come berluscones qualsiasi, la cosiddetta sinistra rissaiola e radical deve solo piangere se stessa, perché non troverà un cane disposto a farlo al suo posto. Prima veltroniana, poi bersaniana, poi non si sa, l'Unità è stata l'Unità fino a Padellaro, troppo di sinistra per dirigere un giornale che si stava politicamente riposizionando. Da Concita a Sardo, l'identità si è andata via via annacquando, con l'aggravante che sono finiti anche gli sponsor. Quando chiude un giornale c'è solo da piangere. È una giornata tristissima per tutti quelli che credono ancora che informare sia un dovere, essere informati un diritto. Ed è proprio per il vezzo antico di informarci e di capire ciò che accade oltre quello che si vede, che siamo convinti che l'Unità non morirà. Le dichiarazioni degli uomini di Renzi portano a questa conclusione. Chiuderà sicuramente questa Unità non malleabile e bersaniana, ne arriverà un'altra disegnata sul e dal nuovo leader. Altri volti, altre storie, altri nomi, la stessa testata, la solita politica stracciona.

martedì 22 luglio 2014

Silvio ci riprova e il “fantastico” Antonio Razzi vorrebbe trasformare Palazzo Madama in Palazzo Madammela

Lo scriviamo dal giorno in cui Silvio rassegnò le dimissioni nelle mani dell'Innominabile lasciando via libera a Mario Monti: “Chi pensa che Berlusconi sia politicamente morto non ha capito una mazza”. Al Caimano basta lasciare un dito che ti si piglia la mano, l'avambraccio, il braccio e anche una fetta di c... Silvio, a cui i gatti fanno un baffo, ha ancora una ventina di vite a disposizione. Lui è l'”unto del Signore” e delle leggi che vengono modificate sempre e comunque pro domo sua. Come quella del 2012 (l'inchiesta sul caso Ruby procedeva come un treno), nella quale, trattando di prostituzione minorile, venne introdotto un piccolo comma che salvaguardava i clienti in grado di dimostrare che, al momento dell'atto impudico, non conoscevano l'età della bambolina gonfiabile, perché una volta le mignotte erano le nobili mignotte, oggi sono bamboline o schiave e non si capisce se sia meglio o peggio. Insomma, l'avvocato Coppi che conosce le leggi meglio dei legislatori, è riuscito a dimostrare che Silvio ignorava l'età di Ruby e ha convinto la Corte che l'imputato era davvero convinto che la signorina Karima El Mahroug fosse la nipote di Mubarak, proprio come fece il Parlamento italiano. Di fronte a tanta giurisprudenza ci inchiniamo ammirati, ma non senza vedere la “premeditazione” legislativa che condizionò fortemente l'attività del legislatore nel 2012. Così, ed è naturale che così sia, Silvio vuole ora tornare sulla scena politica da protagonista. L'unico scoglio resta la “Severino”, ma passerà anche quello, tanto costa l'appoggio alle riforme. Poi, per finire, c'è l'ultima dichiarazione di un politico che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo, perché è esattamente l'esponente massimo della politica nel terzo millennio: Antonio Razzi. Intervistato come sempre dalla “Zanzara”, Razzi ha detto testualmente che se Palazzo Madama diventasse una casa chiusa “sicuramente darebbe migliaia di posti di lavoro in questo momento molto delicato”. Insomma, il senatore Razzi ha già pronto il cartello da mettere all'ingresso del Senato: “Benvenuti a Palazzo Madammela”.

lunedì 21 luglio 2014

La storia di don Stefano, pusher consapevole

I preti, si sa, sono fatti della stessa materia degli uomini e delle donne, carne, sangue, ossa e qualche volta anche lacrime (di queste ultime, in verità, ultimamente non c'è traccia). E anche se dovrebbero avere qualche vincolo in più rispetto ai cosiddetti laici, i preti ci stanno dimostrando che sono uomini, ma uomini più degli uomini peccatori che vanno da loro a confessarsi per liberare l'anima dai peccati. Ora pensate, facciamo che sia un film di John Landis, al parrocchiano che ogni domenica prima della messa, andava a confessarsi da don Stefano Maria Cavalletti. A Stresa, è notorio, bestemmiano come in ogni altra parte d'Italia; qualche vaffanculo scappa e ci può scappare anche un parcheggio in divieto di sosta. Le corna invece sono un affare più complicato e quindi i cattolici, fedeli al loro credo “fallo purché non si sappia”, non sono così propensi a rivelare il peccato, “tanto – dicono – non lo sa nessuno”. Pensate al pensionato che andava ogni domenica a confessarsi da don Stefano Maria Cavalletti e gli diceva contrito: “Don Stefano, ho rubato una mozzarella al supermercato, non avevo un euro e non posso mangiare perché la Asl non mi paga la dentiera. Che faccio, ogni tanto rubo o muoio di fame?” E don Stefano che gli risponde: “Figliolo è peccato... non lo fare mai più... e per penitenza 35 rosari con i misteri dolorosi”. Tutto bene, penitenza secondo le regole e qualche smadonnamento del peccatore che senza denti dovrà sibilare 35 rosari. Se non che il reverendo, secondo le cronache, è un reverendo di mondo pur non avendo fatto il seminario a Cuneo, e lo beccano in un appartamento mentre spaccia e consuma droga, cocaina, mica uno spino da morti da fame, white suffle a gogò che, come in un film, tenta in tutti i modi di gettare nel water senza riuscirci mentre, in un momento di disperazione totale cerca di strappare il passaporto dove c'è la sua foto in abito clericale. Finora le cronache giudiziarie hanno parlato di preti mafiosi, camorristi, pedofili, truffatori, collusi con i ricattatori e i corrotti, a volte “ambasciatori” di reclusi con tanto di pizzini in tasca, ma un prete che spacciasse coca non era ancora mai stato beccato con le dita nella marmellata e una banconota da cinquanta euro arrotolata nel naso. E non ci si venga a raccontare la storia che i preti non sono tutti uguali, che ci sono gli eroi e i vigliacchi, perché gli eroi fanno solo il loro mestiere, gli altri sono solo uomini, purtroppo.

giovedì 17 luglio 2014

Paola Taverna-Beppe Grillo. Se questo non è amore, cos'è?


A volte gli sguardi contano più delle parole. Senza nessuna ironia anzi, con malcelata ammirazione, non possiamo fare a meno di osservare lo sguardo di adorazione che la grillina di ferro Paola Taverna ha nei confronti del leader del suo movimento. E ci prende una botta d'invidia perché a noi, in quel modo, non ci ha mai guardato nessuno. Neppure la mamma. Ah... matri!

martedì 15 luglio 2014

Indagato Maroni. Neanche stavolta ha letto la notizia sul Fatto

Non riusciamo a capacitarci di come la Lega sia riuscita ad arrivare al 6 per cento alle ultime europee. Oltre che personaggi indefinibili, con la sindrome del KKK e degli investimenti in diamanti in Tanzania, i leghisti fanno finta di combattere il sistema (non sono gli unici, in verità) mentre sotto sotto ne seguono le regole peggiori. Il democristianesimo è lungo da morire, sono passati venti anni dalla dissoluzione apparente della Balena Bianca, ma i balenotteri nati nel frattempo continuano a crescere e a moltiplicarsi. Il democristianesimo è un'aberrazione. È quel vezzo intollerabile di far passare qualsiasi fatto della vita come un favore. Il “devi conoscere altrimenti non sei nessuno”, lontano dal morire continua a essere concettualmente baldanzoso, roba da far gonfiare i petti come per una medaglia al valore. Il democristianesimo è paraculismo allo stato puro. Leggete Maroni: “Sono assolutamente sereno e, allo stesso tempo, molto sorpreso. Per quanto a mia conoscenza, è tutto assolutamente regolare, trasparente e legittimo. Si tratta di due contratti a termine per persone che svolgono, con mansioni diverse, attività quotidiana di supporto della Regione dalla sede di Roma. La loro attività è finalizzata alla ottimizzazione e alla efficienza della macchina organizzativa in vista dell'evento Expo. Sono, ribadisco, sereno e fiducioso che le cose verranno al più presto chiarite”. Tutto trasparente, no? Se non fosse che una delle due assunte è la signora Mara Carluccio, fedele collaboratrice dello stesso Maroni quando era ministro dell'Interno, e l'altra, Maria Grazia Paturzo, viene descritta genericamente come vicina al Presidente. L'indagine dei giudici di Busto Arsizio, ha stabilito invece che queste assunzioni sono state fatte per supplire a quelle mancate per l'ingresso nello staff di Roberto Maroni. Mancate perché sarebbero passate sotto la lente di ingrandimento della Corte dei Conti. Lo abbiamo detto all'indomani dell'assunzione per chiamata diretta della compagna di Matteo Salvini in Regione: la Lega punta decisamente a debellare la disoccupazione giovanile e quella femminile in particolare. 

sabato 12 luglio 2014

La Lega combatte la disoccupazione femminile. La compagna di Salvini assunta in Regione per chiamata diretta

Non si sa se per combattere la disoccupazione, o la disoccupazione femminile in particolare, sembra che i nostri politici siano diventati molto sensibili circa l'ingresso nel mondo del lavoro del gentil sesso. Dopo la storia di Silvio e le donne (siamo in attesa della sentenza d'appello sul processo Ruby, e il tribunale di Bari lo ha rinviato a giudizio – ieri – per sfruttamento della prostituzione), altre storie di questo genere emergono ogni giorno dalle cronache dei giornali. Dal Piemonte alla Lombardia, dall'Abruzzo alla Calabria, l'Italia sembra essere diventata un immenso ufficio di collocamento femminile. Mogli, compagne, fidanzate, amiche, amiche delle amiche, amanti, prostitute ricattatrici, vergini per caso e per credo religioso, geni in gonnella e ragazzotte che geni non lo sono e non lo saranno mai, vengono assunte dai loro protettori politici senza neppure passare attraverso lo straccio di un concorso pubblico. Troppa fatica far imparare a memoria alle raccomandate le risposte ai quiz, tanto vale assumerle per chiamata diretta, nessuno se ne accorge e le poverine non sudano sui libri ma in un bel lettone morbido. Nella trappola della compagna assunta per non si sa quali meriti, è caduto anche il duro e puro Matteo Salvini, quello che tuonò contro Belsito e i familiari spendaccioni del Senatur. La compagna di Matteo è stata insomma assunta in Regione Lombardia direttamente nello staff dell'assessore Maria Cristina Cantù, leghista anche lei, responsabile della famiglia, solidarietà sociale e volontariato. L'assunzione, denunciata dal Fatto Quotidiano, non ha causato quello scalpore che avrebbe meritato, visto che uno dei protagonisti è anche uno degli assertori più convinti della slogan “Roma ladrona”. Ma tant'è. Intervistato a proposito, Salvini ha detto: “È stata assunta perché è brava”. Amen. Non discutiamo, non avendo prove, la bravura della compagna di Matteo, ma quello che ci ha sconvolto, come sempre, è stato il governatore lumbard Roberto Bobo Maroni, il quale ha detto: “L'assunzione della compagna di Matteo Salvini? Non leggo il Fatto”. Ma ti venga un bene, Bobo. Vabbè che non leggi il Fatto, ma almeno le delibere delle assunzioni dirette nella regione che governi, le vuoi controllare o no?

venerdì 11 luglio 2014

Morire a 14 anni per incuria. Insopportabile

Se muore Salvatore Giordano, un ragazzino di quattordici anni, per il crollo del cornicione di un monumento storico, la prima considerazione che una persona normodotata fa è “questo paese sta cascando a pezzi”. Poi, anche per un minimo di rispetto per i genitori del ragazzino che prima di morire è riuscito a scansare due amici, si pensa “speriamo che i colpevoli paghino”. Infatti sono partiti 44 avvisi di garanzia ai soliti pesci senza pinne e boccheggianti per mancanza di ossigeno, le solite mezze seghe che pagheranno (poco, pochissimo, quasi nulla), per responsabilità che non sono assolutamente loro. Sono anni infatti che vediamo crollare i monumenti italiani senza che nessuno ci abbia messo una pezza. Sandro Bondi addirittura, lo fecero dimettere da ministro per i crolli di Pompei. Bondi di suo non c'entrava una mazza ma il suo padrone sì. E c'entrava parecchio anche quel genio dell'economia creativa che risponde al nome di Giulio Tremonti, che Raffaello, Giotto e Leonardo gli possano apparire in sonno per molestarlo fino alla fine dei suoi giorni! Gli statisti del governo Berlusconi, così indaffarati nel tenersi buoni i preti che votano, per anni hanno destinato i fondi dell'8 per mille di spettanza dello Stato al recupero delle chiese, degli oratori, delle basiliche e dei duomi sparsi in tutta Italia. Ma possibile che nessuno ha mai fatto caso che dopo un terremoto le chiese (quelle di proprietà del Vaticano naturalmente) venivano recuperate nel giro di pochi mesi mentre le altre, gli edifici civili, i monumenti dello stesso Stato andavano in rovina? In venti anni, i berluschini hanno fatto scempio, oltre che delle coscienze e delle intelligenze degli italiani, anche di un patrimonio unico al mondo, tagliando fondi non solo alla cultura e alla scuola pubblica ma anche ai musei, ai restauri e alla manutenzione ordinaria. E ci lamentiamo delle inondazioni e dell'ambiente lasciato al degrado più assoluto. Pagheranno 44 quacquaracquà ma i pochi, pochissimi colpevoli veri, non pagheranno mai. E continuiamo a parlare tosco-inglisc in Europa che fa tanto “in”... 

mercoledì 9 luglio 2014

L'Italia dei mille misteri. Ora spunta “Faccia da mostro”

I pentiti di mafia (ora anche quelli di camorra) chiacchierano. O quanto chiacchierano! Così, fra una confessione e l'altra, un sentito dire e l'altro, nei colloqui giornalieri con i “collaboratori di giustizia” spunta all'improvviso un personaggio che ricorre nei racconti di almeno quattro uomini e una donna. È un tipo strano, “bruttissimo” dicono in coro i pentiti, che di mestiere faceva il poliziotto ma che nel tempo libero si dilettava in omicidi, un killer insomma, e dei peggiori. Lo citano oggi, lo citano domani, i magistrati aprono un fascicolo a suo carico e vengono a scoprire che si chiama Giovanni Pantaleone Aiello, nato a Montauro (Catanzaro) nel 1946, arruolato in polizia nel 1964, congedato nel 1977 ma residente presso la caserma Lungaro di Palermo fino al 1981. Scrivono Bolzoni e Palazzolo su Repubblica: “Vi raccontiamo per la prima volta la storia di Giovanni Aiello, 67 anni, ufficialmente in servizio al ministero degli Interni fino al 1977 e oggi plurindagato dai magistrati di Caltanissetta e Palermo, Catania e Reggio Calabria. Vi riportiamo tutte le testimonianze che l'hanno imprigionato in una trama che parte dal tentativo di uccidere Giovanni Falcone all'Addaura fino all'esplosione di via Mariano D'Amelio, in mezzo ci sono segni che portano al delitto del commissario Cassarà e del suo amico Roberto Antiochia, all'esecuzione del poliziotto Nino Agostino e di sua moglie Ida, ai suoi rapporti con la mafia catanese e quella calabrese, con terroristi della destra eversiva come Pierluigi Concutelli. E con l' intelligence. Anche se, ufficialmente, "faccia da mostro" non è mai stato nei ranghi degli 007”. Aiello-Faccia da mostro, è l'ennesimo personaggio dai tratti indefiniti che popola la storia davvero complicata di un Paese in cui la differenza fra i buoni e i cattivi non è facilmente individuabile come nei film western né c'è il capoclasse che li segna sulla lavagna. Giovanni Pantaleone è un personaggio che attualmente fa il pescatore in un piccolo centro della Calabria. Ufficialmente dichiara al fisco un reddito di 22mila euro l'anno, ma gli hanno trovato titoli per un miliardo e 195 milioni delle vecchie lire, probabilmente frutto dei servizi resi ai mafiosi, ai terroristi e, udite udite, allo Stato. Aiello è insomma uno di quei tizi ai quali un colpo di revolver non ha mai fatto difetto, tanto che dicono che nella sua carriera parallela abbia freddato anche un bambino. Restiamo convinti che uno Stato senza verità non è uno Stato civile e che troppe sono ancora le stragi anonime. Civiltà e dignità. Ma quando mai!

martedì 8 luglio 2014

Flop Pos. Nessuno ce l'ha, nessuno ha intenzione di metterlo. T'odio, pia macchinetta succhiasangue

E dire che ci eravamo spinti fino al punto di proporre una colletta nazionale per medici, dentisti e artigiani. La norma che introduce l'obbligatorietà del Pos per i pagamenti sopra i 30 euro è, di fatto, carta straccia. Nessuno l'ha applicata, nessuno ha intenzione di farlo nel prossimo futuro. La prima ragione è che la legge non prevede sanzioni in caso di mancato adempimento, fatto che ci spinge a pensare che l'obbligo non esiste, altrimenti gli inadempienti sarebbero automaticamente sanzionati. Non è propriamente come le more che Equitalia applica sul mancato pagamento del bollo dell'auto o dell'abbonamento tv, e se il cittadino s'incazza, ha tutte le ragioni. Poi c'è un altro aspetto legato all'introduzione del Pos che gli interessati contestano: i costi troppo alti delle commissioni bancarie (1000, 1500, 2000 euro l'anno a seconda della banca). Così, mentre da una parte lo Stato incentiva, quasi pretende, l'uso della moneta elettronica per la tracciabilità del denaro, dall'altro le banche non fanno nulla per venire incontro alle esigenze dei clienti. Ma voi avete presente quanto spendete per una carta di credito? E vi siete mai fatti quattro conti su quanto costa un prelievo al bancomat in una banca diversa dalla vostra? No? Ahi ahi ahi... 

lunedì 7 luglio 2014

I mafiosi e lo sciopero della messa. Don Corleone ha detto "stop"!

Stavolta si sono proprio incazzati. I mafiosi, boss, uomini, mezz'uomini, uominicchi e quacquaracquà hanno deciso di dar vita a una protesta senza precedenti, roba che gli operai sui tetti degli stabilimenti occupati sembrano dilettanti allo sbaraglio. Il plateale abbandono della processione di Oppido Mamertina da parte dei carabinieri, la scomunica di Papa Francesco, qualche segnale di ribellione ai mammasantissima ormai non più nascondibile, li ha messi nella sgradevole posizione, loro, figli del silenzio omertoso delle cosche, di dover uscire allo scoperto. E lo hanno fatto nel modo che ritenevano più spettacolare, disertando in massa la messa domenicale in carcere. Così, se qualcuno avesse avuto ancora dubbi sulla loro mafiosità, lo sciopero dell'ostia li ha resi praticamente reo confessi. Oltre che furbi di quattro cotte, i picciotti scioperanti rappresentano ancora l'ala dura e pura di quella che fu, è e resta l'impero mafioso, altro che quattro disperati senza più un soldo. E da vecchi mafiosi hanno dato la dimostrazione di cosa sia stata la mafia fino a qualche anno fa, il collettore di interessi vari che coinvolgevano tutte le strutture sociali: la politica, le forze armate, la chiesa, la magistratura e, infine, le confraternite religiose e i loro affiliati. Pensate se il santino di Santa Rosalia potesse parlare quante storie potrebbe raccontare di giuramenti fatti a Pater Noster e sangue, ostie consacrate e dito sul grilletto della lupara. Pensate se per un momento quello stesso santino avesse avuto la forza di ribellarsi. Ne avremmo viste delle belle. Altro che scomunica papale, una serie ininterrotta di calci nel culo.

domenica 6 luglio 2014

Se la madonna si inchina ai boss

La madonna ovviamente non c'entra niente. Lei è solo una statua, anche se per chi ci crede è molto di più. E forse è per quel “molto di più” che a Oppido Mamertina, i preti e i procuratori della processione che la riguarda, hanno pensato di farla inchinare davanti alla casa di Giuseppe Mazzagatti (un cognome, un programma), boss della n'drangheta ottantaduenne condannato all'ergastolo per omicidio e ora agli arresti domiciliari per motivi di salute. Questo fatto, che fa pendant con altri mille fatti analoghi avvenuti in Calabria, in Sicilia, in Puglia e in Campania ha avuto però un finale inaspettato. Il comandante della locale caserma dei carabinieri infatti, nel momento in cui la madonna è stata fatta inchinare al boss, ha chiamato i suoi uomini e se n'è tornato in caserma. Nessuno lo ha seguito ma la cosa non è passata inosservata tanto che il comportamento degli uomini della Benemerita è stato sottolineato e apprezzato da (quasi) tutti gli organi di informazione nazionali. E dire che appena una settimana fa, Papa Francesco, in visita in Calabria, aveva di fatto scomunicato tutti i mafiosi, e i cattolici sanno perfettamente cosa una scomunica comporti. Ma i preti di Oppido Mamertina, degli atti di quello che dovrebbe essere il loro capo supremo, se ne sono infischiati, segno inequivocabile che in alcune parti d'Italia non solo non c'è lo Stato ma neppure la Chiesa, presente ovunque e più capillarmente delle caserme dei carabinieri. Per questa storia una morale non c'è. C'è un paese ancora prigioniero di una tradizione dura da morire e di un senso di paura che solo chi non è votato al martirio sa gestire al meglio, inchinandosi.

martedì 1 luglio 2014

Con l'introduzione del POS si apre la colletta nazionale a favore dei medici e dei dentisti. I poveretti rischiano di morire di fame

La prima tentazione per il post di oggi, era stata quella di occuparci di Don Inzoli, noto alle cronache per la passione viscerale nei confronti delle auto di lusso, dei sigari costosi e delle altolocate frequentazioni politiche. Poi, però, siccome tutti sanno cosa pensiamo di Comunione & Liberazione, ci siamo detti che sarebbe stato come sparare sulla Croce Rossa: i maramaldi in clergyman che si sono arricchiti grazie alle opere e alle omissioni, sotto il papato di Francesco stanno tornando allo stato laicale e a far penitenza intraprendendo percorsi psicoterapeutici appropriati. Allora abbiamo deciso di indirizzare la nostra attenzione sui medici e sui dentisti, che non saranno preti ciellini ma che in quanto a opere e omissioni non sono secondi a nessuno. Stracciandosi i camici e lasciandosi andare a dichiarazioni quanto meno improvvide, i professionisti di cui sopra non ci stanno a dotarsi del POS. E lo hanno fatto sapere al sottosegretario Del Rio che in questo momento ha, forse, cose più importanti di cui occuparsi. Dicono insomma i medici e i dentisti: “Con l'introduzione dei POS si corre il rischio di un aumento considerevole delle tariffe e delle prestazioni”, che tradotto significa, “fino a ieri abbiamo tranquillamente evaso le tasse facendo aum aum e birra e salsicce con i pazienti, con quella macchinetta infernale non sarà più possibile e fanculo la villa al mare”. Fino a qualche giorno fa chiedere la fattura a un medico sembrava un delitto di lesa maestà, oggi, con l'introduzione dei pagamenti elettronici, c'è il rischio che la considerino un'onta da lavare con il sangue. E vai col trapano senza anestesia. Eppure se si parla con un medico o con un dentista, spuntano aureole da tutte le parti, proprio come quelle dei pazienti che si trovano a pagare una visita 200 euro (non conosciamo luminari che vadano oltre) o i 500 a dente di un professionista del “sorriso”, così adorano amabilmente farsi chiamare.

lunedì 30 giugno 2014

Silvio e i gay: storia di una folgorazione. Manco San Paolo a Damasco


Novembre 2010. Intervenendo sul caso Ruby, Berlusconi dichiara: " Meglio appassionarsi alle belle ragazze che essere gay".
2005, Berlusconi dichiara: "In Italia sono santificati solo i comunisti e i gay".
2008, Berlusconi commenta: "Meglio occuparci di infrastrutture e trasporti che di omosessualità".
2009, dopo il terremoto dell'Aquila, Berlusconi dichiara: "Ragazzi, se tutto va bene mi sa che veramente ve le porto le veline, le minorenni, altrimenti ci prendono tutti per gay". E ancora: "Mi hanno detto di tutto, manca solo che mi dicano che sia gay".
2014, dopo l'iscrizione all'Arcigay di Francesca Pascale e Vittorio Feltri, Berlusconi dichiara: "Quella per i diritti civili degli omosessuali è una battaglia che in un paese davvero moderno e democratico dovrebbe essere un impegno di tutti". Soprattutto se gli omosessuali portano un milione e mezzo di voti. 



martedì 24 giugno 2014

Caso Galan. La colpa è sempre del maggiordomo, pardon, della segretaria

Gira che ti rigira, se sei un lord o un politico, la colpa dei tuoi misfatti è sempre degli altri. Nel caso dei lord, l'assassino è il maggiordomo, in quello dei politici il colpevole è sempre e comunque la segretaria. Giancarlo Galan, che pure fra i forzaitalioti è uno dei pochi che rientra nella categoria dei semi-guardabili, è accusato di essersi imboscato una cifra intorno ai 50 milioni di euro che ha provveduto a smistare immediatamente nel Sud-Est asiatico. Ovviamente è stato il commercialista, però imbeccato dalla segretaria la quale, nottetempo, portava in uno zainetto griffato il danè al professionista. Al resto provvedevano la magia del computer, un collegamento con fibra ottica a Internet e l'abilità diabolica del consulente. “E' tutta una balla colossale - dice ora Galan ai giornalisti – mi hanno fatto il canestrello e io ci sono caduto come un pirla”. Nella memoria difensiva che l'ex governatore del Veneto presenterà alla Commissione per le autorizzazioni a procedere della Camera, Galan spiega in che modo è riuscito a ristrutturare la sua casetta “mutui, nulla di più, 700 mila euro di soldi miei e gli infissi sono gli stessi del momento in cui l'ho comprata”. Spiace però, davvero tanto, il fatto che Galan si sia dovuto difendere anche da attacchi che riguardano la sua intimità familiare. Ha dovuto raccontare a tutti che la Signora Governatora (“bellissima ma con un fisico non propriamente adatto”) non faceva la cubista ma la volontaria, e quando si è scoperto di chi era la moglie, è stata immediatamente licenziata. Ma il massimo della tragicommedia in corsa, Galan l'ha raggiunto quando ha raccontato la storia della sua segretaria, la signora Claudia Minutillo, una narrazione da brividi letterari degna di essere riportata integralmente. Dice Giancarlo: “"Volevo assumere mia cugina, ma Minutillo era stata appena licenziata da Paolo Scarpa Bonazza Buora, molto influente all'epoca in quanto coordinatore regionale di Forza Italia, che la mise in mezzo ad una strada e lei con grande abilità si ingraziò tutti andando a lavorare al gruppo regionale. Essendo una gran lavoratrice si fece assumere. L'ho mandata via più di otto anni fa per l'antipatia che aveva con mia moglie. Sì, ma la verità è che era antipatica a tutti, nessuno la sopportava. Ed era la segretaria più lussuosamente e costosamente vestita dell'emisfero boreale... Quando ho saputo che indossava un cappotto da 16 mila euro, allora qualche dubbio mi è venuto...". Dubbio postumo ed evviva la foca, noto pinnipede artico in via di estinzione.